Nell’udienza generale del 12 agosto 2015 Papa Francesco ha detto: “Non possiamo divenire schiavi del lavoro. L’ossessione del profitto economico e l’efficientismo della tecnica mettono a rischio i ritmi umani della vita, perché la vita ha i suoi ritmi umani. Il tempo del riposo, soprattutto quello domenicale, è destinato a noi perché possiamo godere di ciò che non si produce e non si consuma, non si compra e non si vende. Il tempo della festa è sacro perché Dio lo abita in un modo speciale.”Già da anni assistiamo ad una strisciante, crescente e tacita svalutazione della cultura della domenica e dei giorni di festa. La discussione sull’apertura dei negozi del 15 agosto, Solennità dell’Assunzione in cielo di Maria, mi obbliga ad un nuovo appello indirizzato in modo particolare ai negozianti, ai responsabili politici e non per ultimo a tutti noi:Con profonda convinzione chiedo di esporsi per un chiaro impegno verso “Il tempo della Festa” (Papa Francesco), perché la domenica e i nostri giorni di festa, liberati dal lavoro non necessario, hanno un valore inestimabile da riscoprire e tutelare, anche contro ogni resistenza e interesse privato, poiché apportano all’intera società un vantaggio. Abbiamo bisogno della domenica e dei nostri giorni di festa con le loro opportunità sociali, familiari, culturali e religiose!Come persone abbiamo bisogno di qualcosa in più perché siamo più di ciò che consumiamo, di ciò che guadagniamo, di attività febbrile e di operosità senza pausa. La persona non può essere ridotta al fare, al consumo e all’avere. Abbiamo bisogno di qualcosa in più del tempo libero privato. Attraverso la tutela pubblica della domenica e dei giorni festivi ne guadagniamo tutti!Nella Lettera pastorale del 22 febbraio 2012 ho scritto: “Il vero indebolimento delle opzioni umane e religiose è sottomettere tutto il tempo al profitto e al consumo. Ritengo un compito primario della Chiesa quello di aiutare a vivere i giorni santi, le feste e soprattutto la domenica.Il mio sincero grazie va a tutti coloro che vanno contro corrente e che dicono No in maniera convita a questa trasformazione, perché di fatto ci sta a cuore un Sì: un Sì alla persona, alla famiglia, alla comunità, alla creazione, alla nostra cultura e alla nostra convinzione di fede. + Ivo Muser, Vescovo
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