Le denominazioni professionali sono state ufficialmente introdotte sia nella forma maschile che in quella femminile e pertanto devono essere usate nella loro duplice forma.
Anche per le denominazioni di funzioni e cariche si dovrebbe tenere conto dell’identità di genere. Negli atti amministrativi l’autorità competente e la persona responsabile o di riferimento per un dato procedimento devono figurare al femminile o al maschile a seconda dei casi specifici (es. direttrice d’ufficio, la funzionaria incaricata, l’animatrice dei ministranti e delle ministranti).
Nei contesti professionali bisogna evitare di utilizzare per le donne l’appellativo di “signora” quando possiedono un titolo professionale, soprattutto se citate insieme a uomini per i quali si usa il titolo professionale (il dott. Pinco Pallino e la signora Tal dei Tali). Vai inoltre usato il cognome della donna senza l’articolo “la” (es: la Merkel).
Quando si usano per le donne nomi comuni, validi tanto al maschile quanto al femminile, è opportuno usare concordanze al femminile (un corrispondente e una corrispondente, un analista e un’analista, il vigile e la vigile).
Quando in un testo si fa riferimento ad una funzione o una carica pubblica ricoperta da una donna, concordare al femminile i riferimenti che la riguardano e – se esiste – usare la forma femminile della denominazione della carica ricoperta.
Il coordinatore incaricato dottoressa Tal dei Tali si è impegnato meglio: La coordinatriceincaricata dottoressa Tal dei Tali si è impegnata affinché … Il direttore d’ufficio, Signora Tal dei Tali, si è recato per un sopralluogo… meglio: La direttrice d’ufficio, Signora Tal dei Tali, si è recata per un sopralluogo… |
È importante notare che nell’italiano esiste tutta una serie di denominazioni di professioni, titoli e cariche, che - pur ammettendo la forma femminile - sono usate esclusivamente al maschile. Anche se il sistema linguistico prevede la forma femminile, questa non è entrata nell’uso. È indispensabile quindi valutare con la massima attenzione l’opportunità o meno di adottare il femminile, per non forzare la lingua e non urtare la sensibilità delle persone.
Questo perché rispetto al tedesco - in cui vi è una sensibilità linguistica diversa e sono stati fatti notevoli passi avanti - alle forme femminili italiane è attribuita una connotazione riduttiva rispetto a quelle maschili. Ad esempio “segretaria” è usata nel senso di “segretaria del sindaco, dell’avvocato”, ma non per designare colei che ricopre un incarico pubblico come “Segretario generale”, “Segretario di Stato”, ecc., titoli adottati esclusivamente al maschile. È interessante notare che spesso sono proprio le donne stesse che ricoprono tali cariche a preferire la forma maschile per rimarcare la loro posizione di parità rispetto all’uomo.
Ciò vale per una lunga serie di termini riferiti a titoli, cariche e professioni di prestigio, come segretario generale, ministro, procuratore, avvocato, medico, architetto, ingegnere.
In singoli casi il titolo è usato talvolta al femminile, ma solo perché è la donna che ricopre quella funzione ad averlo adottato. Per favorire l’adozione dei titoli professionali al femminile sarebbe auspicabile sensibilizzare in tal senso i rispettivi ordini professionali.
Qui di seguito sono riportati alcuni esempi di termini poco usati o non usati affatto nella forma femminile:
segretario generale, segretaria generale rettore, rettrice direttore, direttrice ministro, ministra prefetto, prefetta sindaco, sindaca assessore, assessora avvocato, avvocata procuratore legale, procuratrice legale notaio, notaia ingegnere, ingegnera chirurgo, chirurga primario, primaria |
Evitare di usare il termine modificatore “donna” anteposto o posposto al titolo maschile.
Per alcuni termini esistono forme combinate (donna vigile, donna prefetto, donna magistrato, candidato donna ecc.). Si raccomanda di evitare l’uso della parola composta con “donna” e di usare invece il termine semplice con l’articolo femminile.
una lettrice anziché una donna che legge una pilota anziché una donna pilota una manager anziché una donna manager |
Interessante da analizzare è il termine “presidente”, che presenta due forme al femminile (la presidente, la presidentessa) usate in contesti diversi. Il termine “presidentessa” veniva usato per designare la donna a capo di un’associazione ecc.; nel frattempo si è affermata la forma “la presidente” per designare una persona di sesso femminile che ricopre un incarico istituzionale (anche se la forma con l’articolo maschile è altrettanto usata).
Da notare che termini di uso comune come dottoressa o professoressa originariamente avevano una valenza spregiativa, come altri sostantivi con il suffisso in -essa.
Per i termini maschili che terminano in -e oppure in -a è sufficiente anteporre l’articolo femminile:
Il/la giudice, parlamentare, preside, ufficiale, vigile, custode, interprete, presidente, corrispondente ecc. Un/un’ analista, un/una custode, un/una professionista ecc. |