Tre sono le riflessioni che il vescovo Ivo Muser ha voluto condividere nel giorno di Ognissanti nella liturgia della Parola al cimitero di Bolzano. La prima: davanti alla morte siamo tutti uguali. “Nessuno può appellarsi a titoli, onori, riconoscimenti e successi: possiamo puntare solo su una carta, la misericordia e il perdono di Dio”, ha detto Muser.
La sua seconda riflessione parte da alcune domande: per quanto tempo i defunti sono vivi nella mente di chi resta? Ci si ricorda ancora della loro vita, dei loro legami, delle loro battaglie? E cos’è stato di chi è morto in maniera anonima? “Il pensiero umano è limitato – ha risposto il vescovo – ma quello di Dio non ha confini. Lui non ci dimentica mai. Lui conosce ciascuno di noi per nome. Solo a Dio possiamo affidare i nostri defunti.”
La terza riflessione del presule nel cimitero di Oltrisarco: la morte è una realtà della quale nessuno si può prendere gioco. Nella nostra società del bello, del successo, dell’effimero, “la debolezza, l’invalidità, la malattia, l’inabilità, la morte sono spesso considerate solo incidenti della vita: ma questa rimozione della fragilità e della caducità umana ci rende malati”, ha osservato Muser. Pertanto “questi giorni così importanti e sentiti ci invitano a riflettere sul mistero della vita, a prendere coscienza della sua caducità e a non cedere alla tentazione di vivere solo per stare bene su questa terra. Esiste molto di più, l’ultima parola sulla nostra esistenza umana non spetta alla morte e alla tomba.”
Nel suo intervento monsignor Muser ha affidato a Dio anche “tutte le vittime di morte violenta a causa di odio, guerra, terrore, disprezzo della persona, e le migliaia di persone che sono scomparse cercando la fuga verso una nuova vita.”