Lettera pastorale: “Mistero della fede: nella morte è la vita“
Ivo Muser, Vescovo di Bolzano-Bressanone
Care sorelle, cari fratelli nella nostra diocesi di Bolzano-Bressanone!
“Credo la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna“. Queste parole tratte dalla professione di fede apostolica hanno un suono molto particolare nei giorni significativi di Ognissanti e della commemorazione dei defunti.
Con questa lettera pastorale rifletto su un tema per me molto importante e che merita tutto il nostro impegno congiunto: la cultura cristiana delle esequie. Queste mie osservazioni vogliono essere un invito alla riflessione: a livello personale, nei gruppi ecclesiali, nei consigli pastorali parrocchiali, sul piano delle nostre unità pastorali e nelle conferenze dei decanati. E importante è anche il colloquio con le imprese di pompe funebri.
Dare sepoltura ai morti è un atto di misericordia. Il funerale cristiano è un servizio della Chiesa alle persone defunte e a coloro che restano. La liturgia interpreta la morte come un passaggio, come “dies natalis“, come il “compleanno per la vita eterna“. Il lutto umano per la perdita di una persona amata non è in contraddizione con la fiducia che i nostri defunti siano al sicuro nell’amore di Dio. I riti della sepoltura sono un momento di conforto per tutti coloro che partecipano al commiato con i familiari.
Della cultura del commiato fanno parte l’ultimo colloquio, l’ultimo bacio, la vestizione del defunto, la carezza amorevole della salma, il raccoglimento davanti ad essa, la chiusura della bara, la condivisione del lutto con altre persone, il prendere congedo davanti al feretro, la vista della tomba aperta, la calata della bara nella terra. Per l’elaborazione del lutto, dare forma a queste esperienze può essere salutare. Il lutto ha bisogno di spazio, protezione e tempo.
Da questa convinzione emergono importanti punti di vista che si possono qui solo accennare.
In quanto luoghi pubblici di funerale e sepoltura, per noi cristiani i cimiteri sono importanti e sacri. Sono luoghi del ricordo, del lutto, della riconciliazione, della commemorazione e della preghiera. Per questo le tombe e i luoghi di tumulazione delle urne cinerarie devono riportare sempre il nome del defunto ed essere accompagnate da un segno cristiano, ad esempio la croce. La cura delle tombe, la visita al cimitero, l’accensione delle candele, la preghiera personale e comunitaria per i nostri defunti, la celebrazione dell’anniversario e della Santa Messa in loro memoria sono espressione di un rapporto da credente con il mistero della morte e con le persone che sono passate dall’altra parte della vita.
La cultura cristiana delle esequie vive della convinzione che Dio abbia “chiamato per nome“ ogni persona (Is 43,1); questi nomi “sono nel libro della vita“ (Fil 4,3). Il nome appartiene all’identità di una persona, con esso viene chiamata, identificata e distinta da altri. Il nome è anche espressione dell’unicità e dell’eccezionalità con cui Dio contraddistingue ogni persona. Perciò siamo persuasi che funerali anonimi, senza la partecipazione di familiari e senza la possibilità di partecipare per amici e conoscenti, perdano il loro senso.
La celebrazione delle esequie “nella stretta cerchia dei familiari“ o il funerale “in forma privata“ dimentica che ogni persona ha vissuto in un contesto sociale fatto di altre persone, che hanno anche un certo diritto di dare l’ultimo saluto. Questo commiato può essere anche un atto di riconciliazione. La liturgia cattolica dei funerali ha un carattere pubblico, annuncia la speranza della vita eterna e interpreta la preghiera per i defunti come un ultimo gesto d’amore della comunità cristiana.
L’esposizione del feretro e la veglia funebre prima della sepoltura sono elementi importanti di una cultura delle esequie di ispirazione cristiana e meritano proprio oggi una particolare attenzione. Sono momenti che rendono possibile un addio dignitoso e aiutano a rendere più intensi i giorni del commiato. Il periodo fra il sopraggiungere della morte e il funerale offre la possibilità di fare spazio ai ricordi, ai gesti di amore e riconciliazione, alla preghiera. Non devono prevalere l’impressione e la mentalità che la salma sia semplicemente smaltita. Quel corpo ha la sua dignità, perché rappresenta in modo molto diretto e simbolico la persona deceduta. L’assemblea che si raduna nella preghiera comunitaria per il defunto ha un significato religioso ma anche sociale.
Con stima e gratitudine penso a tutti coloro che nelle nostre comunità parrocchiali si impegnano nella celebrazione dignitosa del funerale: sacerdoti, diaconi, in futuro anche le guide della celebrazione della Parola nel rito delle esequie, lettrici e lettori, sacriste e sacristi, chierichette e chierichetti, cori, organiste e organisti, cantori. Celebrare le esequie è un importante servizio pastorale e sociale, che ancora raggiunge tante persone e ci mette in rapporto con la speranza cristiana della risurrezione. Il rito funebre religioso va preparato in modo tale da trasmettere questo messaggio: noi non celebriamo i nostri defunti, bensì la morte e risurrezione di Cristo – come preghiera per i morti e speranza pasquale per noi, che siamo ancora in cammino verso il grande traguardo. Allo stesso tempo possiamo esprimere anche il nostro grazie per quanto Dio ha voluto agire su una persona. Canti, testi e segni vanno scelti con accuratezza e delicatezza e devono corrispondere allo spirito della celebrazione liturgica.
Momento culminante e nucleo centrale della liturgia funebre è la celebrazione eucaristica, nella quale i cristiani professano: nella morte è la vita! In questa celebrazione della fede la comunità cristiana si riunisce con i defunti alla tavola del Signore, la tavola della parola e del pane. Anche se in futuro non potrà più essere celebrata una Santa Messa a ogni funerale, dopo la celebrazione della Parola nel giorno delle esequie si dovrebbe pregare per i defunti in una celebrazione eucaristica – anche in quella comunitaria della domenica. Siamo sempre convinti di pregare per e con i defunti. La definizione di “messa di risurrezione“ per la celebrazione delle esequie può dar luogo a fraintendimenti e quindi non è adatta.
Del funerale cristiano fa parte anche l’interramento della bara. Questo rito di inumazione da‘ il nome alla celebrazione. È molto deplorevole che nella maggior parte dei casi questo rito significativo ed espressivo del calare la bara nella fossa non venga più praticato. La sepoltura rientra espressamente nell’ultimo tratto di strada compiuto con la persona defunta. Noi affidiamo la salma alla terra e quindi la accompagniamo fino alla fine. Anche la separazione definitiva, che questo atto rende evidente, e il conseguente dolore fanno parte dell’elaborazione del lutto. Poiché in molti cimiteri sono entrate in uso modalità diverse, invito espressamente a riflettere su come poter restituire un significato a questo significativo momento del funerale.
Sin dagli inizi la Chiesa si decise, sull’esempio biblico, per la sepoltura. Accanto al profondo rispetto per il corpo umano, tempio dello Spirito Santo (1 Cor 3,16; 6,19), giocò un grande ruolo l’esempio della deposizione di Gesù nel sepolcro e l’immagine del chicco di grano: il corpo senza vita, posto nella terra come un chicco di grano, si dovrà trasformare e risorgere a nuova vita. La sepoltura esprime questa immagine in modo molto evidente, e per questo la Chiesa cattolica continua a privilegiarla e raccomandarla. La cremazione è ammessa, a patto che non sia scelta per ragioni che mettano in dubbio la fede nella resurrezione e nella vita eterna.
Nei casi in cui sia desiderata la cremazione, si troveranno riferimenti adeguati nei testi della liturgia. La processione al cimitero, senza la sepoltura della salma, perde il suo significato. Dopo la celebrazione liturgica e il commiato dentro o davanti alla chiesa (cappella), la salma viene portata alla cremazione. L’urna viene poi tumulata in una piccola cerchia nel luogo previsto. Lo spargimento anonimo delle ceneri di una persona deceduta non corrisponde alla cultura cristiana delle esequie.
Il rapporto con la morte e con i nostri defunti dice molto sul nostro atteggiamento verso la vita. La cultura cristiana delle esequie è espressione della fede pasquale cristiana in Dio, che è un Dio dei vivi e non dei morti, e che in suo figlio Gesù Cristo ha mostrato che la morte non ha l’ultima parola.
In conclusione ancora un invito: non lasciamo sole le persone morenti! Hanno bisogno di vicinanza e accompagnamento. Ma ne hanno bisogno anche i familiari, che devono prepararsi alla perdita di una persona o che sono colpiti da una disgrazia.
Vi sono vicino di cuore nella grande comunità dei santi e nella fede pasquale in Gesù Cristo, crocifisso e risorto: “Egli è la salvezza del mondo, la vita senza fine e la risurrezione dei morti“ (prefazio dei defunti).
Il vostro vescovo
+ Ivo Muser
Solennità di Ognissanti, 1 novembre 2019
Invito a presentare questa lettera pastorale durante le celebrazioni religiose nella festa di Ognissanti, nella commemorazione dei defunti o in una domenica di novembre. In special modo invito a discutere e approfondire i temi di questa lettera negli organismi delle nostre parrocchie, nelle unità pastorali e nelle conferenze dei decanati.