Richiamandosi alle parole del profeta Isaia, il vescovo Muser ha descritto la luce del Natale come “una luce che risplende anche davanti alle tante porte chiuse, che ci sono ancora nel nostro mondo e che filtra, flebile, ma sicura sotto uno stipite o attraverso la fessura di una serratura”. “Questo è il messaggio antico e sempre nuovo del profeta Isaia – ha detto il vescovo – lasciamo che la luce del Natale arrivi ad illuminare le piccole o grandi oscurità del presente e anche di questa struttura”.
“Nessuno deve perdere la propria dignità”
Il vescovo ha invitato gli ospiti della casa circondariale di via Dante a guardare al futuro. “La storia passata, anche se lo volessimo – ha sottolineato mons. Muser – non può essere riscritta. Ma la storia che guarda al futuro è ancora tutta da scrivere, anche con la vostra personale responsabilità. Nessuno di noi minimizza ciò che avete fatto. Anche con questa funzione prenatalizia nessuno vuol dirvi: va bene così, è tutto in ordine. Dovete assumervi la responsabilità per le scelte sbagliate della vostra vita. Ma nonostante tutto nessuno di voi deve perdere la propria dignità, il proprio valore, la propria umanità. Papa Francesco direbbe: nessuno si merita di essere e di sentirsi scartato”.
“La giustizia ripartiva apre alla riconciliazione in un’ottica di assunzione di responsabilità”
Il vescovo ha ricordato anche le parole che Papa Francesco ha rivolto lo scorso 15 novembre all’Associazione internazionale di diritto penale. In quell’occasione il Papa si era soffermato a riflettere sull’idea di “giustizia restaurativa” o “ripartiva”, che va oltre un atteggiamento puramente punitivo o vendicativo e apre alla riconciliazione, in un’ottica di assunzione di responsabilità. Se da un lato è necessario rispettare la legge, “con un’attenzione e un dovere di coscienza adeguati alla gravità delle conseguenze”, dall’altro “occorre ricordare che la legge da sola non può mai realizzare gli scopi della funzione penale; occorre anche che la sua applicazione avvenga in vista del bene effettivo delle persone interessate”. Riprendendo il pensiero di Francesco, mons. Muser ha auspicato che “ogni legge, non solo quella penale, non sia fine a se stessa, ma al servizio delle persone coinvolte, siano essi i responsabili dei reati o coloro che sono stati offesi”.
“Una cosa è ciò che meritiamo per il male compiuto – ha detto mons. Muser – altra cosa, invece, è il respiro della speranza, che non può esser soffocato da niente e da nessuno. La speranza non può essere tolta a nessuno, perché è la forza per andare avanti, è la tensione verso il futuro per trasformare la vita, è una spinta verso il domani”.
“Anche nei momenti di grande dolore riempiamo i nostri polmoni con il respiro della speranza”
Il vescovo ha invitato i carcerati a non lasciar spazio né allo sconforto, né alla disperazione. “Ve lo dico con il cuore: non lasciamo prevalere la voglia di farla finita – ha aggiunto –. Anche nel buio più profondo, nei momenti in cui il dolore è più grande e la nostalgia più pungente, riempiamo i nostri polmoni con il respiro della speranza. Lasciamo che sia la speranza a respirare in noi”.
“Gesù – ha sottolineato mons. Muser – nasce per noi e viene ad abitare nelle grotte, spesso fredde e desolate, della nostra esistenza, per far risplendere una luce nuova, per riempire il nostro cuore di speranza. E lo fa perché vuole scrivere con noi un nuovo capitolo della nostra vita”.
Nel ringraziare quanti operano e lavorano nella casa circondariale di via Dante il vescovo Muser ha chiesto loro di “essere sempre, anche nei momenti più complicati e tesi, testimoni di umanità, di vicinanza e di compassione”. Un ringraziamento particolare è andato a Bruno Bertoldi, che da 50 anni, con la San Vincenzo e l’Associazione volontari carcere, segue e assiste i detenuti nel carcere di Bolzano.
Il presepe costruito dai detenuti
Lo scorso 1. dicembre, 1.a domenica d’Avvento, Papa Francesco si è recato a Greccio dove ha firmato la lettera “Admirabile signum”, un “regalo” a tutto il popolo di Dio, per ribadire il senso e il valore del presepe. Questa mattina i detenuti della casa circondariale di via Dante hanno costruito ai piedi dell’altare il presepe, sistemando ad una ad una le varie statuine, accompagnati da pensieri tratti dalla lettera del Papa e dal canto del coro Laurino, che ha animato l’intera celebrazione. “Il presepe è un fatto religioso – ha ricordato don Giorgio Gallina, assistente spirituale – che ci unisce tutti”.
Al termine della liturgia, il vescovo ha impartito la benedizione tenendo in mano una candela. “Che questa piccola luce possa ricordarci la luce di Gesù, che nascendo è venuto ad illuminare le vite di ciascuno di noi”.