“Dal presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato“: sono parole tratte dalla Lettera apostolica “Admirabile Signum“ che papa Francesco ha pubblicato la prima domenica di Avvento 2019 e con la quale invita a riflettere sul significato e sul valore del presepe.
Dell’essere cristiani fa parte sempre la tutela del deboli, chiunque essi siano. Un disinvolto culto di chi è forte e una mentalità del “noi siamo noi“ che vuole delimitare sono diametralmente opposti al mistero del Natale.
Lo scrittore tedesco Heinrich Böll, al quale non può certo essere attribuita una stretta vicinanza alla Chiesa, affermò una volta che avrebbe preferito anche il peggiore di tutti i mondi cristiani rispetto al migliore di quelli pagani, perchè in un mondo cristiano c’è posto per coloro ai quali nessun mondo pagano ha mai fatto spazio: per storpi e malati, per vecchi e deboli. E ancor più che un posto, sempre secondo Böll, c’è l‘amore per coloro che al mondo pagano e senza Dio apparivano e appaiono inutili…
Natale ci dice: Dio stesso vuole incontrarci come persona, nel bambino di Betlemme, nelle parole e nei gesti di Gesù di Nazareth, nell’uomo crocifisso sul Golgota. Dio si fa uomo, affinché gli uomini si possano incontrare e accettare come persone, affinché noi si rimanga umani.
Di questa umanità, per la quale Dio stesso si è deciso tramite l’incarnazione di Gesù, fa parte anche la disponibilità ad imparare e a praticare la pace. Forse tutti talvolta ci chiediamo: e cosa mai posso fare io per la pace nelle aree di crisi e di guerra? Ma nessuno di noi trova facilmente giustificazioni quando invece si tratta di pace in concreto nella nostra realtà: nel matrimonio e nella famiglia, tra le generazioni, nei rapporti di vicinato e di parentela, nelle nostre scuole, nei luoghi di lavoro, nelle comunità parrocchiali, nei paesi e nelle città. Quali passi concreti dovrei fare io – proprio io – in questa festa di Natale?
Cosa significa volere la pace in Alto Adige, impararla e praticarla? Sappiamo gestire la nostra vita e convivenza come persone di pace, ossia non guardando all‘indietro ma con una prospettiva comune rivolta in avanti? Solo con il dialogo e nell’ascolto attento e reciproco si possono chiamare per nome e curare le ferite procurate e ancora aperte. Provocare e screditare l’altro non ci fa compiere passi avanti. Quanto è stato raggiunto ed elaborato assieme non può essere messo a rischio gettando inutilmente e polemicamente benzina sul fuoco. Auspico che ci venga donata la volontà di lavorare con decisione per l’unità nella diversità, in questa nostra terra e in un’Europa comune, dove si incontrano e si arricchiscono reciprocamente culture, lingue e confessioni religiose differenti.
Mi auguro che la nostra convivenza sia improntata alla ferma intenzione di imparare dalla storia dolorosa del XX secolo, che ha ferito e segnato anche l’Alto Adige attraverso due guerre mondiali, due sistemi dittatoriali e attraverso le sciagurate Opzioni. Oggi abbiamo bisogno di segni concreti capaci di unire e riconciliare, segni che ci aiutino a conoscere assieme la storia, a raccontare, a interpretare e a perdonare. In questo ci può aiutare un atteggiamento oggettivo: da tutte le parti ci sono state vittime e colpevoli. Oggi tutti noi abbiamo la possibilità, giorno per giorno, con il nostro pensare, parlare e agire, di promuovere la pace o invece di avvelenarla.
In questa festività di Natale rivolgo un invito speciale ai giovani, così importanti per il nostro futuro comune, affinché si impegnino per la pace e il senso di umanità nella nostra società. Lo faccio riprendendo le parole della mia “Lettera ai giovani della nostra Diocesi“ del marzo 2018: “Non concedete spazio nel vostro cuore alla disperazione, non permettete che la rassegnazione abbia in voi il sopravvento. Al contrario: fatevi forza e fate il primo passo. In ogni luogo del mondo e anche nella nostra terra non mancano esempi di come tanti piccoli primi passi possano cambiare il mondo e aprirlo a una nuova realtà.“
A tutti auguro una festività di Natale con piccoli primi passi verso umanità e pace, dentro le relazioni concrete che animano la nostra vita.
Ringrazio tutti coloro che hanno il coraggio di fare questi passi nella vita quotidiana in famiglia, nella società e nella politica.
Festeggiamo il Natale, la festa dell’incarnazione di Dio, come la più umana di tutte le nostre feste e impariamo dal bambino festeggiato a rapportarci gli uni agli altri con senso di umanità.