„Liebst du mich?“, so fragen im Normalfall nur Kinder und Frischverliebte – und offenbar auch Jesus. Er fragt nicht allgemein: „Liebt man mich heute noch?“ Er fragt sehr direkt, den Petrus persönlich: „Liebst du mich?“ Ja sogar: „Simon, Sohn des Johannes, liebst du mich mehr als diese?“
Es ist erstaunlich, dass Jesus gerade den Petrus fragt. Man könnte meinen, das sei eher eine Frage an den Jünger, den Jesus liebte. Nein, er fragt Petrus, und zwar nicht als Privatmann, sondern als den Inbegriff des kirchlichen Amtes. Er fragt ihn nicht aus persönlicher Sympathie, sondern in aller Form, weil er ihn in die Leitung seiner Kirche beruft: „Weide meine Schafe, weide meine Lämmer!“ Damit wird Petrus ins Amt eingewiesen, eingeweiht. Zuvor aber heißt die entscheidende Frage: „Liebst du mich?“ Die Tauglichkeit des Petrus für sein Amt besteht darin, dass er sich von Jesus lieben lässt und ihn liebt.
In den Jahren der Vorbereitung auf die Weihe sind dir, lieber P. Stefano, sicher verschiedene Fragen begegnet: Wie bist du auf den Gedanken gekommen, Priester zu werden? Warum machst du das überhaupt, in dieser Kirche, und dazu noch ehelos? Was bringst du mit an Voraussetzungen? Warum gerade Combonimissionar? Bist du dieser Berufung gewachsen? Was hast du gelernt? Kannst du organisieren? Bist du fähig zu leiten? Bist du imstande, mit anderen zusammenzuarbeiten? Alles wichtige, legitime Fragen.
Aber da steht die eine Frage, an der alle anderen gemessen werden: „Liebst du mich?“ Nicht nur: Liebst du die Kirche? Liebst du deine Kongregation? Liebst du die Menschen? Niemand wird die Wichtigkeit dieser Fragen verkennen. Aber vor allen anderen Fragen wirst du heute gefragt: Liebst du mich? Wem gehört dein Herz? Wirklich Jesus? Liegt dir das am Herzen, was ihm am Herzen liegt? Es geht um seine Lämmer, nicht um unsere. Es geht um seine Menschen, nicht um deine.
„Liebst du mich?“: Das ist die entscheidende Frage, um die es auch für mich ging, genau heute vor 33 Jahren, auch in der Vorabendmesse von Peter und Paul, auch am Sonntagnachmittag um 15 Uhr, als ich von Bischof Wilhelm Egger hier im Brixner Dom zum Priester geweiht wurde. Das ist die entscheidende Frage, die Jesus in dieser Stunde dir stellt, lieber P. Stefano: „Liebst du mich?“
La domanda su questo amore non ti dovrà più abbandonare per tutta la vita. È ciò che ti auguro in questo momento – anche per esperienza personale! Lungo questa domanda dovrai maturare e operare come sacerdote e missionario comboniano. E se tra cinque, dieci, venti o forse anche quarant’anni ti chiederanno cosa ne è stato di quello che hai voluto con più passione e desiderato profondamente, allora la tua risposta dovrà orientarsi a questa domanda: “Mi ami tu?“
Gesù ha posto questa domanda tre volte: sembra quasi invadente, e per Pietro in ogni caso la situazione diventa penosa e dolorosa. Ma non si tratta appunto solo del primo amore. Pietro ha conosciuto questo primo amore. Nell‘entusiasmo così tipico per lui e per la sua storia di vita ha detto ancora nel Cenacolo: “Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai.“ Ma poi è arrivata la grande delusione, perchè con il Messia e in generale le cose sono andate in modo completamente diverso da come Pietro aveva pensato e sognato. In poche ore Pietro arriva a un tal punto – o meglio: cade così in basso – che non riesce neppure più ad ammettere di conoscere Gesù. E alla terza volta il gallo canta.
E adesso, nell’ora della chiamata di Pietro ad essere pastore, quella pagina più nera non viene nascosta ma affrontata apertamente. Con la dichiarazione d’amore e il conferimento si cancella anche il tradimento. La grandezza e la credibilità del Vangelo non mettono a tacere il passato buio, anzi lo elaborano nella domanda sull’amore. Pietro impara anche a convivere con la propria ombra. Non ha più bisogno di nascondere questa pagina oscura a se stesso e agli altri. E in tal modo il suo amore acquista una nuova statura. Non è più l’amore della prima ora, il “primo amore“, bensì un amore che dopo voli ad alta quota è precipitato fino a valle, è addirittura finito sulla cattiva strada. Ma nell’ora di assumere il mandato, Pietro si dichiara in modo nuovo, una seconda e una terza volta: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo.“
“Quand'eri più giovane, ti cingevi da solo e andavi dove volevi. Ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti.“ Caro padre Stefano, lasciati cingere e guidare da lui, dove egli ti vuole condurre, e ripeti – non solo oggi – il tuo Adsum, il tuo “Io sono pronto“.
Lieber P. Stefano, du wirst heute als Combonimissionar zum Priester geweiht. Bischof Daniele Comboni zählt zu den großen Missionaren Afrikas. Er war ein Vorkämpfer für Menschenwürde und setzte sich im 19. Jahrhundert gegen den Sklavenhandel ein. Er war überzeugt, dass dort, wie er sagte, „wo das Evangelium eingepflanzt wird, es die Herzen der Menschen verwandeln wird“.
Die Nähe zu den Menschen, besonders zu den Armen, soll immer eine wichtige Quelle deines missionarischen Dienstes sein.
Afrika nannte er „die schwarze Perle und meine erste Liebe“. Das Herz Jesu war für ihn das starke Symbol dafür, dass Gott ein Herz hat für alle Menschen. Lass dich als Combonimissionar immer leiten von diesem geöffneten Herzen, das die Menschen leidenschaftlich liebt!
Daniele Comboni ha formulato la frase: “Tutte le opere di Dio nascono ai piedi della croce“. Nel suo servizio egli stesso ha dovuto sperimentare che la diffusione del Vangelo incontra sempre resistenza e difficoltà. Oggi, nel porgere i doni del pane e del vino, ti inviterò ad accogliere i doni del popolo per celebrare l’eucarestia e a porre la tua vita sotto il mistero della croce.
È molto noto il detto del vostro fondatore: “Salvare l’Africa con l’Africa“. Ti auguro come missionario di fare sempre tutto non solo per le persone ma con le persone, in modo che diventino esse stesse protagoniste della loro vita, capaci di impegnarsi per i loro diritti e la loro dignità.
Comboni era un missionario con passione, convinto che l’annuncio del Vangelo deve abbracciare tutta la persona. Ti auguro che anche la tua opera missionaria sia segnata dall’impegno per la giustizia, la pace e la cura del pianeta Terra come nostra casa comune.
In questo giorno importante per Stefano ringrazio tutti coloro che lo hanno appoggiato, a partire dalla sua famiglia. Ringrazio i suoi formatori, la sua comunità e chi ha accompagnato Stefano in questi anni, i suoi amici e tutti coloro che lo hanno aiutato e incoraggiato, anche con piccoli gesti, a rispondere alla chiamata del Signore.
Per questo, caro padre Stefano, nel cammino che inizi oggi siamo certi che non sarai mai solo!
Lieber P. Stefano, Maria, die Mutter Gottes und die Mutter der ganzen Kirche, die Apostelfürsten Petrus und Paulus, der hl. Daniele Comboni und der große Missionar deines Heimattales, der hl. Ujöp da Oies, mögen dich immer begleiten. Begleiten soll dich aber auch das Gebet deiner Missionsgemeinschaft, deiner Eltern, deiner Angehörigen und Freunde. Begleiten soll dich unsere Diözese und deine Heimatpfarrei St. Vigil in Enneberg. Und begleiten wird dich immer auch mein Gebet. Durch das apostolische Zeichen der Handauflegung sind wir für immer verbunden.