“Come cristiani portiamo l’unzione nel nostro nome”, ha ricordato mons. Ivo Muser durante la messa di questa mattina, nel corso della quale ha benedetto gli olii che vengono usati per amministrare i sacramenti del battesimo, della cresima, dell’ordinazione e dell’unzione degli infermi.
“Gesù – ha proseguito – nella prima lettura di oggi dice che è l’Unto, ma anche che è inviato da Dio: unzione e missione sono indissolubili”. Il vescovo ha ricordato come quello dell’unzione sia un segno che torna più volte nella vita di un cristiano e lo accompagna lungo tutta la sua esistenze. “Siamo stati unti, forse già prima del battesimo con l’olio dei catecumeni, ma sicuramente nel battesimo e nella cresima con l’olio del crisma – ha spiegato -. Noi sacerdoti abbiamo poi ricevuto una terza unzione, nelle nostre mani, con le quali benediciamo e offriamo i doni del pane e del vino. Noi vescovi riceviamo persino un’unzione sul capo: nel nostro pensare e nel nostro agire dobbiamo lasciarci guidare completamente da Cristo”. Il segno dell’unzione torna anche in un sacramento che viene amministrato in momenti di particolare difficoltà. “L’unzione degli infermi dà a tutti noi la conferma che restiamo segnati dall’unzione e dalla missione anche se siamo malati, bisognosi di aiuto e prostrati”, ha aggiunto mons. Muser.
I cristiani sono chiamati ad essere di aiuto e di sostegno per tutti, soprattutto per chi è in difficoltà. Ma c’è anche chi tradisce la sua missione di cristiano. “Sono profondamente addolorato e colpito di fronte alle sconvolgenti notizie che giungono da ogni parte del mondo di abusi perpetrati da parte di vescovi, sacerdoti e religiosi – ha sottolineato mons. Muser -. Non è una questione di numeri, quanto piuttosto dell’essenza stessa del male che è stato compiuto. Ci sono state persone al sevizio dell’opera salvifica di Gesù Cristo che si sono macchiate di peccati tanto gravi. Genera dolore e vergogna pensare che mentre s. Ireneo, Dottore della Chiesa, affermava che “la gloria di Dio è l’uomo incarnato”, allo stesso tempo noi vediamo questa gloria di Dio venire calpestata anche da confratelli e da altri uomini e donne della Chiesa”. Mons. Muser ha ricordato che “il Signore Gesù Cristo è solidale con il popolo di Dio e, come ci ricorda la Bibbia in numerosi passaggi, ascolta il grido dei poveri e degli orfani, delle vedove e degli stranieri, dei deboli e dei piccoli, degli oppressi e degli sfruttati. E ce lo ha dimostrato con la sua vita, le sue opere, nella sua passione e nella sua morte in croce”. “La risurrezione – ha proseguito il vescovo – è un segno che il Signore è il Dio della vita che va oltre la morte. Questo messaggio deve divenire concreto attraverso il nostro ministero sacerdotale, insieme a tutti i battezzati. Ogni forma di abuso, quindi, perverte l’amore appassionato di Dio per l’uomo e per la vita”. Da qui l’impegno, fermo e convinto, a condannare ogni forma di abuso e a impegnarsi con responsabilità e solidarietà nei confronti delle vittime, adottando tutte le misure necessarie per dare loro giustizia. “E nei confronti dei colpevoli – ha aggiunto il vescovo – devono essere prese tutte le misure necessarie perché riconoscano i loro gravi errori, ne prendano le distanze e si pentano e, per quanto possibile, possano guarire dal loro male”.
Mons. Muser, nel chiedere perdono alle vittime, ha ribadito che “la difesa e il bene dei minori ha assoluta priorità e fa parte della stessa missione pastorale tra gli uomini. Questo vale per noi come sacerdoti e religiosi, così come per tutti i battezzati e i cresimati”. Il vescovo ha quindi ribadito l’importanza di collaborare con tutte le realtà che operano nella nostra società per promuovere la cultura della prevenzione.
Ha ricordato, inoltre, “i tanti confratelli che ogni giorno portano avanti con fedeltà il loro servizio al Vangelo” e sperimentano la fatica di doversi confrontare con il sospetto generale, che finisce per condizionarli nella loro attività pastorale. “Molti confratelli – ha affermato mons. Muser – si sentono insicuri e feriti. Soprattutto nelle ultime settimane molti confratelli mi hanno scritto per comunicarmi questa loro difficoltà”.
“La pastorale ha bisogno di vicinanza – ha sottolineato il vescovo – ma in tutte le nostre relazioni è bene che vi sia equilibrio tra distanza e vicinanza, così da corrispondere a pieno all’operato di Gesù. La risposta migliore e più efficace a generalizzazioni e sospetti è la testimonianza personale e credibile che noi sacerdoti e religiosi possiamo dare con la nostra vita”.
Il vescovo ha auspicato che in Diocesi “continui e si sviluppi la cultura della trasparenza e della responsabilità, dell’apertura e della fiducia”. “Solo in questo modo – ha aggiunto – le donne e gli uomini che hanno subito una qualche forma di abuso da parte di sacerdoti e religiosi possono dar voce alla loro sofferenza, ricevere un sostegno adeguato e sperimentare la giustizia che meritano”.
Mons. Muser ha quindi invitato i sacerdoti e i religiosi a coltivare “in virtù dello Spirito Santo, il rapporto speciale con Gesù crocifisso e risorto, un rapporto che ci dà forza e preserva il nostro ministero dai rischi ai quali è esposto: il rischio di annunciare se stessi piuttosto che Gesù, il rischio di ridursi a burocrati del sacro, il rischio della disillusione, il rischio di procedere in solitaria, separati dal resto del presbiterio e forse anche dalle nostre stesse comunità”. Ha inoltre incoraggiato sacerdoti e religiosi a “riconoscere i doni dello Spirito Santo, valorizzandoli e promuovendoli, sollecitando le persone a metterli a disposizione per il bene e la gioia della comunità e dei giovani in particolare”. “In questo modo – ha detto – potranno nascere anche oggi vocazioni al ministero presbiterale, al diaconato, alla vita consacrata, alla missione, al matrimonio e alla formazione di famiglie”.
A conclusione della sua riflessione, mons. Muser facendo sue le parole pronunciate da Papa Francesco lo scorso 24 febbraio, al termine dell’incontro in Vaticano sulla protezione dei minori nella Chiesa, ha ringraziato “tutti i sacerdoti e i consacrati che servono il Signore fedelmente e totalmente e che si sentono disonorati e screditati dai comportamenti vergognosi di alcuni loro confratelli. Tutti – Chiesa, consacrati, Popolo di Dio e perfino Dio stesso – portiamo le conseguenze delle loro infedeltà. Ringrazio, a nome di tutta la Chiesa, la stragrande maggioranza dei sacerdoti che non solo sono fedeli al loro celibato, ma si spendono in un ministero reso oggi ancora più difficile dagli scandali di pochi (ma sempre troppi) loro confratelli. E grazie anche ai fedeli che ben conoscono i loro bravi pastori e continuano a pregare per loro e a sostenerli”.