Nella sua nuova lettera pastorale “Mistero della fede: nella morte è la vita“ il vescovo Ivo Muser affronta il tema della cultura cristiana del rito funebre e del commiato, di cui fanno parte “l’ultimo colloquio, l’ultimo bacio, la vestizione del defunto, la carezza amorevole della salma, il raccoglimento davanti ad essa, la chiusura della bara, la condivisione del lutto con altre persone, il prendere congedo davanti al feretro, la vista della tomba aperta, la calata della bara nella terra. Per l’elaborazione del lutto, dare forma a queste esperienze può essere salutare”, scrive il vescovo. Nella lettera pastorale si ricorda che questi elementi “meritano proprio oggi una particolare attenzione. Sono momenti che rendono possibile un addio dignitoso e aiutano a rendere più intensi i giorni del commiato.”
Un significato religioso e sociale
Citando Isaia, monsignor Muser ricorda che la cultura cristiana delle esequie “vive della convinzione che Dio abbia chiamato per nome ogni persona. Il nome è anche espressione dell’unicità e dell’eccezionalità con cui Dio contraddistingue ogni persona. Perciò siamo persuasi che funerali anonimi, senza la partecipazione di familiari e senza la possibilità di partecipare per amici e conoscenti, perdano il loro senso.” La celebrazione delle esequie nella stretta cerchia dei familiari o il funerale in forma privata, secondo il vescovo, “dimenticano che ogni persona ha vissuto in un contesto sociale fatto di altre persone”. Senza dimenticare che “il commiato può essere anche un atto di riconciliazione. La liturgia cattolica dei funerali ha un carattere pubblico, annuncia la speranza della vita eterna e interpreta la preghiera per i defunti come un ultimo gesto d’amore della comunità cristiana.” Quindi l’assemblea che si raduna nella preghiera comunitaria per la persona defunta, sottolinea il presule, “ha un significato religioso ma anche sociale.”
Sepoltura nella terra e cremazione
Il vescovo si sofferma poi anche sulla sepoltura: “Del funerale cristiano fa parte anche l’interramento della bara. Questo rito di inumazione dà il nome alla celebrazione. È deplorevole che nella maggior parte dei casi questo rito significativo del calare la bara nella fossa non venga più praticato. La sepoltura rientra espressamente nell’ultimo tratto di strada compiuto con la persona defunta. Noi affidiamo la salma alla terra e quindi la accompagniamo fino alla fine”, osserva monsignor Muser. Considerato che in molti cimiteri sono entrate in uso modalità diverse, il vescovo invita espressamente “a riflettere su come poter restituire un significato a questo importante momento del funerale.” Ma allo stesso tempo Ivo Muser ricorda che “la cremazione è ammessa, a patto che non sia scelta per ragioni che mettano in dubbio la fede nella resurrezione e nella vita eterna. Nei casi in cui sia desiderata la cremazione, si troveranno riferimenti adeguati nei testi della liturgia.”
Vicino a morenti e familiari
In conclusione arriva dal vescovo un altro duplice invito molto sentito: “Non lasciamo sole le persone morenti! Hanno bisogno di vicinanza e accompagnamento. Ma ne hanno bisogno anche i familiari, che devono prepararsi alla perdita di una persona o che sono colpiti da una disgrazia.” Monsignor Muser invita le parrocchie a presentare la lettera pastorale nelle celebrazioni religiose per la festa di Ognissanti, nella commemorazione dei defunti o in una domenica di novembre. L’auspicio è che la tematica della cultura cristiana del rito funebre sia anche discussa e approfondita negli organismi parrocchiali, nelle unità pastorali e nelle conferenze dei decanati.