Con la celebrazione di questa sera ha inizio il Triduo Pasquale di passione, morte e risurrezione del Signore Gesù, culmine e centro di tutto l´anno liturgico. Siamo al primo giorno che si apre con la cena di Gesù, nella quale egli con alcuni gesti e segni ci racconta in anticipo quello che sarebbe accaduto nelle ore e nei giorni successivi: dare liberamente la sua vita per tutta l’umanità, spinto solamente dall’amore.
Le letture proclamate, ci offrono la narrazione di questi due gesti significativi: san Paolo nella Prima lettera ai Corinzi ci parla del segno eucaristico della frazione del pane e della benedizione della coppa del vino, istituzione dell’Eucaristia; l’evangelista Giovanni nel quarto vangelo ci narra il gesto della lavanda dei piedi.
Il primo segno del Giovedì Santo è il pasto eucaristico. Non è un pasto come tanti altri, non una cena tra amici per rinsaldare i legami. Il centro di questo segno è Gesù, che presiede il banchetto e nello stesso tempo offre se stesso come cibo e bevanda. Gesù ci ama con tutto se stesso, con il suo corpo, il segno più grande dell’amore, come dirà qualche versetto più avanti: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Anche umanamente il corpo esprime la pienezza e la totalità dell’amore, ed è appunto il suo corpo che Gesù consegna nell’ultima cena, sotto i segni del pane e del vino: il corpo consegnato per tutti e il sangue versato per la remissione dei peccati: “Prese il pane … lo spezzò e disse: questo è il mio corpo … Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue” (1 Cor 11,24-25). L’Eucaristia ci ricorda il grande dono di amore che Gesù ci ha lasciato come segno della sua continua presenza in mezzo a noi. Un segno che ci chiede non solo di accogliere ma anche di farlo nostro e di attualizzarlo concretamente, condividendo con i fratelli e le sorelle la nostra vita.
L’evangelista Giovanni, nel narrare la scena della lavanda dei piedi ci fa vedere cosa significa per Gesù pane spezzato e vino versato per noi e per tutti. Si abbassa e lava i piedi ai suoi discepoli, riassumendo tutta la sua vita di amore e di dono e prefigurando anche la sua morte. È un gesto che compiva lo schiavo, ma è anche un gesto di amore che il figlio riservava ai genitori anziani: o obbedienza o amore! Gesù lava i piedi di tutti, i piedi del discepolo amato come i piedi di Pietro che lo rinnegherà e anche i piedi di Giuda che poi lo tradirà. Un gesto che rivela la gratuità smisurata dell’amore di Gesù che si fa nostro schiavo. Egli è amore, amore che serve fino al dono della vita, chinandosi a lavare le piaghe dell’umanità.
Heute Abend, an diesem ganz besonderen Abend der Heilsgeschichte, schauen wir auf einen, der noch einen knappen Tag zu leben hat. Heute rundet er sein Leben ab, weil es am nächsten Tag grausam abbrechen wird. Heute soll noch einmal deutlich werden, wer er ist und wie er erinnert werden möchte. Der Evangelist Johannes drückt es ganz feierlich aus: „Jesus wusste, dass seine Stunde gekommen war, um aus dieser Welt zum Vater hinüberzugehen. Da er die Seinen, die in der Welt waren, liebte, erwies er ihnen seine Liebe bis zur Vollendung“ (Joh 13,1).
Am letzten Abend seines Lebens, in der Nacht des Verrates und wenige Stunden vor seiner grausamen Hinrichtung bricht er seinen Jüngern das Brot. Er teilt sich aus – wie immer – und doch auf ganz neue und dichte Weise. „Das bin ich für euch“, so fasst er sein Leben zusammen, „wie Brot, das geteilt wird, wie Wein, von dem alle trinken.“
Und wo die anderen Evangelisten vom letzten Abendmahl berichten, erzählt das Johannesevangelium von der Fußwaschung. Beide Zeichenhandlungen sind wie zwei Seiten derselben Münze: Eucharistie und Dienst am Menschen sind nicht zu trennen. In beiden Zeichen wird deutlich, wer und wie ER ist: Einer, der dient. Einer, der sich verschenkt. Einer, der sich zu den Menschen herabbückt: seit der Nacht von Betlehem, über sein ganzes Reden und Auftreten bis hin zum letzten Abend seines Lebens. So war er und so möchte er, dass sich Menschen an ihn erinnern.
Mettiamo tutta la nostra fede in questa messa, che ricorda l´Ultima Cena del Signore, abbandoniamo le nostre formalità, il rischio dell’abitudine, i preconcetti, il ritualismo e gettiamo il nostro cuore nell’eucarestia. Non sono degno Signore, ma tu dirai una parola, dirai: è il mio corpo, per te! Ed io sarò salvato.
E infine, in questo Giovedì Santo dedicato anche al sacerdozio, vi chiedo una preghiera per me e per tutti i nostri sacerdoti, perché con tutti i nostri limiti e con tutte le nostre fragilità umane, possiamo essere testimoni di servizio e di amore. Preghiamo perchè anche oggi ci siano giovani disposti a dire di sì alla chiamata al sacerdozio. Ne abbiamo davvero bisogno. Con affetto e gratitudine ricordo oggi i 22 sacerdoti diocesani e religiosi, che sono morti dall´ultimo Giovedì Santo.
Lassen wir uns an diesem ganz besonderen Abend persönlich treffen von dem, was Jesus tut und sagt: „Begreift ihr, was ich euch getan habe? Ihr sagt zu mir Meister und Herr, und ihr nennt mich mit Recht so; denn ich bin es. Wenn nun ich, der Herr und Meister, euch die Füße gewaschen habe, dann müsst auch ihr einander die Füße waschen. Ich habe euch ein Beispiel gegeben, damit auch ihr so handelt, wie ich an euch gehandelt habe“.